domenica 21 aprile 2024

India 13 - Verso Dholpur

Holi ante litteram ad Alessandria - aprile 1955


Il fruttivendolo

Ormai è quasi sera. Oggi ce la siamo presa comoda, dopo gli stress degli ultimi due giorni. Anche davanti al nostro albergo c'è un via vai intenso,. Adesso che la festa sta per finire, c'è un po' l'aria di chiusura, anche se i vari banchetti sono ancora in piena attivività, con tutta la gente che transita, qualcuno avrà ancora voglia di comprare qualche cosa, meglio quindi stare sempre all'erta. Solo i venditori di colori sembrano aver completato la giornata, qualcuno sta già caricando sul carretto i suoi sacchi, tutti sporchi, un arcobaleno variopinto, che riprende posto sul carretto. Mi fermo ad un banco di frutta particolarmente ricco, per rifornirmi delle consuete banane, che mi sostengono durante la giornate di digiuno e non so resistere ai bei mandarini esposti sapientemente in piramidi regolarissime, i più belli naturalmente in cima. E' questa una varietà particolare particolarmente grande e succosissima, con la buccia  un po' lasca, quasi già staccata dagli spicchi, che si toglie con grande facilità, quasi in un sol pezzo e lascia scoperto l'intero frutto, che ha un sapore particolare, dolcissimo e agrumato al tempo stesso. Un frutto che si trova soprattutto nel subcontinente indiano. Con 60 rupie me ne prendo un bel chilo che il vecchio venditore mi mette nel consueto saccchettino di plastica nera. Non resisto e comincio a mangiarmene uno ancora prima di essere rientrato. Buonissimo. 

Roshan

Intanto nella hall, Roshan ci saluta definitivamente. E' stato un validissimo accompagnarore in questi tre giorni che ha vissuto con noi, attento e preoccupato soprattutto dela nostra incollumità, quando la calca diventava troppo densa e forse pericolsa. Adesso che il suo lavoro è finito, mostra il suo largo sorriso soddisfatto. E' un bel ragazzone di 38 anni, anche se non li dimostra. Vive a Delhi e adesso che il suo lavoro è finito si scioglie un poco. Così veniamo a capire il motivo della sua allegria, non si tratta solamente dell'atmosfera dell'holi, che certamente coinvolge gli indiani ancora più di noi, ma del fatto che il 22 di aprile si sposa! Certo che si sente su di giri. Ci fa capire che la ragazza è stata scelta con cura in accordo tra i genitori e le famiglie, magari con l'aiuto di qualche sensale, come da tradizione ed è certamente bellissima. Sarà un gran matrimonio e durerà come d'uso più giorni, cinque addirittura, con tutti i parenti delle due famiglie presenti. I matrimoni indiani sono assolutamente straordinari, ricchi di colori e musica. Ne abbimo già visti diversi e ad alcuni abbiamo anche partecipato. Una festa vera! Così gli facciamo i nostri migliori auguri, di figli maschi naturalmente; adesso ha ancora un gruppo di clienti in arrivo, andrà ad accoglierli domani, per un giro classico e poi via a casa a prepararsi. Lo sposo deve essere nella sua forma migliore e la sua futura sposa lo aspetta sicuramente con ansia trepidante. 

Holi

Intanto, dopo un bel piattone di riso pilaf decisamente bianco, con i suoi lunghi chicchi indica, che crocchiano sotto i denti, mentre mi posso consolare computando a mio favore un basso indice glicemico, nonostante le banane ingurgitate nella giornata, veleno per noi sempre sulla soglia di un livello di glicata pericolosa, ce ne andiamo a riposare, dopo aver cercato di spurgarci definitivamente anche se inutilmente di tutte le scorie colorate assorbite in questi tre giorni. I vestiti questa volta seguono il loro previsto destino e scivoliamo tra le braccia del dio indiano del sonno. Domani ce ne andremo, ma l'holi continua, tranquilli, perché il tutto il resto dell'India infatti si svolge nel fine settimana successivo a quello di Vrindavan, quindi mi sa che ce lo ritroveremo anche prossimamente. Per inciso, parlando a posteriori di questa bellissima festa con gli amici, ho notato come molti si stupiscano di una usanza così bizzarra e selvatica, un poco barbara, un poco folle, soprattutto riguardo al lancio delle polveri colorate, trovandola assolutamente lontana dai nostri modi di pensate. Invece se ci pensate bene tutto ciò ha un concetto di base che è abbastanza coomune a molti carnevali in giro per il mondo e probabilmente pochi dei miei conterranei si ricordano di una manifestazione carnevalesca che si svolgeva appunto a fine marzo o ad aprile nella mia città, Alessandria, in un passato piuttosto recente. 

Il fioraio

La cosa, come riportano le ricerche fatte dall'amico Ballerino, nel suo libro: 90 anni - La nostra storia, che racconta tanto della nostra città, nacque nel famoso Bar Baleta per iniziativa dell'AGA, l'associazione goliardica alessandrina, scomparsa da decenni. Pare infatti che nel 1949 un certo Salvaneschi, che si presentò al bar con un sacco di borotalco, pensò di organizzare una sorta di battaglia con quelli del bar Sport. La cosa ebbe seguito nella vicina piazzetta e poi per le vie della città e dopo le vibrate proteste dei cittadini bempensanti, ci fu finalmente l'approvazione del sindaco Basile e nel 1955 si svolse in una piazza Garibaldi, transennata per lìoccasione ed organizzata con mura di cartapesta e personaggi in costume, la vera e propria Battaglia del borotalco che si svolgeva tra gli assedianti del Barbarossa, i Crucchi ed i Mandrogni. Fu la rievocazione del cosiddetto Assedio alla Città della paglia. Il borotalco era stato fornito dalla ditta Paglieri che lo produceva ed i combattenti si scagliavano piccoli sacchetti appositamente confezionati, mentre grandi sacchi venivano lanciatio da catapulte attrezzate per la bisogna. Naturalmenete anche gli spettatori, numerosissimi che stazionavano al di là delle transenne e, i più timorosi, sotto portici adiacenti, erano coinvolti dai lanci. 

Io ero molto piccolo, avevo 9 anni e ricordo bene che il mio papà mi aveva portato in piazza eccitatisimo e poi ero arrivato a casa tutto imbiancato. La mia mamma non era venuta perché aborriva tutta quella confusione! La cosa poi finì lì perché ci furono altre proteste e lamentele che costrinsero le autorità a cancellare definitivamente la manifestazione. Quella del '55 probabilmente fu l'ultima e circoscritta appunto a piazza Garibaldi, mentre prima si svolgeva per le vie della città. L'anno successivo infatti si prese in considerazione lo stadio Moccagatta, ma un forte acquazzone (nel cosiddetto periodo dei baracconi ad aprile, ad Alessandria piove regolarmente come se non ci fosse un domani) obbligò a cancellare la manifestazione , poi sospesa per sempre date il lamento per i presunti danni da inalazione del talco e dal fatto che alcuni spettatori colpiti dai sacchetti erano addirittura svenuti e successivamente ricoverati, almeno così la raccontavano. Come vedete, nulla di nuovo sotto il sole, evidentemente ci sono modalità ed emozioni che sono o sono state comuni a tutti popoli e in molte parti del mondo, anche lontanissime . Evidentemente a me che ne sono stato partecipe quasi 70 anni fa, rimaneva un ricordo ancestrale che mi ha spinto verso questo mondo, solo apparentemente quindi esotico. 

Intanto che rimugino tra me e me queste memorabilia legate alla mia infanzia, il nuovo giorno ci ritrova sull'autostrada che scende verso sud, nella piana sconfinata che attende l'arrivo della estate torrida che è in procento di arrivare. Siamo ormai entrati nel vicino Madya Pradesh, il cosiddetto cuore del paese, e aggiriamo Agra, la città più visitata dell'India per il suo famosissimo Taj Mahal ed il suo Forte rosso, che noi abbiamo già visto in passato e pertanto, nella nostra bramosia di vedere sempre cose nuove e diverse, ci permettiamo di saltare e passare oltre, tra l'orrore del nostro Gurgeet, che mentre si aggiusta il turbante, ci propone in continuazione una deviazione verso la città del mausoleo marmoreo più famoso del mondo. Noi invece lo facciamo proseguire imperterriti verso Dholpur, un altra cinquantina di chilometri più a sud. Già perché questa India straordinaria, ha di certo delle gemme assolute, imperdibili da vedere almeno una volta nella vita e di certo Agra è tra queste, ma basta spostarsi pochi chilometri e trovi un sacco di altre cose affascinanti che meritano di essere viste e conosciute e che inevitabilmente, un visitatore casuale, nella forzata fretta di una prima volta deve purtroppo lasciare da parte. E' un po' come se uno straniero venisse in Italia e non volesse fermarsi per prima cosa a Roma, Venezia, Firenze e Napoli, costretto tuttavia dalla brevità del tour a rinunciare ad un pranzo sulle balconate delle Langhe o ai laghi sotto le Dolomiti. Così noi questa volta proseguiamo decisi. Dholpur ci aspetta.



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sabato 20 aprile 2024

Taste of India 14

 


sul ramo nero

dormono i cormorani -

passerà un pesce?



India 12 - L'holi di Vrindavan

Holi a Vrindavan - India - Marzo 2024



Quando arriviamo a Vrindavan, colorati come coriandoli, seguiamo la folla festante ancora ebbra della giornata. A terra ci sono i residui che raccontano anche senza parole quanto è avvenuto nel corso delle ultime ore. Tutta la strada è cosparsa di colore come una enorme tela di Pollock, il risultato di una azione generalizzata di drip painting, dove gli schizzi di un grande ed unico artista creato dall'insieme delle volontà di una folla di milioni di persone, sono sgocciolati sulla folla stessa e poi di conseguenza sulla terra che li ha accolti e fatti propri. Camminiamo lungo il corso principale della città, mentre tutti si salutano, apparentemente ancora non stanchi abbastanza. Non si lanciano più polveri. Forse tutti le hanno finite. La sera è illuminata dalle luci dei negozi e delle bancarelle. Arriviamo all'area del Prem Mandir, un grande tempio di marmo bianco dedicato a Lord Radha Khrishna e Sita Ram e mantenuto da una associazione di fedeli internazionale. L'area è gigantesca e occupa oltre venti ettari. Al centro la grande sagoma bianca, che adesso nel buio della notte è particolarmente spettacolare, essendo continuamente illuminata da un caleidoscopio di colori che cambiano a rotazione, dal rosso, al verde, al blu. Il problema come al solito è entrare. Per fortuna c'è un baraccotto dove lasciare le scarpe e poi cerchiamo di inserirci nella coda che spinge da tutte le parti per passare dalla stretta apertura. 

Prem Mandir

Ci sono ingressi separati per le donne, dato che questa ressa viene sfruttata spesso per i palpeggiamenti più audaci ed apparentemente inevitabili. C'è anche una specie di controllo attraverso metal detector, che non si sa mai, ma non capisco se si tratta di una cosa più nominale che altro. Comunque spingi di qua, spingi di là, riusciamo a oltrepassare l'arco dell'ingresso. A entrare all'interno del tempio, neanche a pensarci, la coda già incanalata in robuste transenne promette una attesa di ore e poi non so se ne valga la pena, se non sei un credente vero con la tua brava offerta in mano, di fiori, frutta e incenso, oltre che di qualche soldino, da depositare tra le mani di uno delle decine di sacerdoti che salmodiano all'interno. In effetti si sentono arrivare canti e musiche, mentre l'alto vimana centrale, la pagoda che i sacri scritti dei Veda, assimilano per la forma alle navi spaziali che hanno visitato il pianeta migliaia di anni fa, e tutta la serie degli archi marmorei si colorano di arancio vivo. La gente che ha rinunciato ad entrare, gira attorno alla costruzione in senso orario, per lo meno si crea un grande fiume che scorre senza troppi gorghi, disperdendosi per l'enorme giardino che ricopre il resto dell'area. Si tratta di un terreno curatissimo, dove tra siepi e prati all'inglese sorgono un gran numero di costruzioni e templi secondari, popolati da un moltissime di statue a grandezza naturale, di certo molte centinaia, anch'esse coloratissime come si conviene all'iconografia moderna dell'hinduismo, che raccontano storie della vita degli dei a cui il tempio è dedicato. 

Il giardino

Il tutto può apparire a noi occidentali come molto naif, ma bisogna ricordare che lo stesso tipo di aspetto avevano da noi la statuaria e l'architettura  greca e romana, che solamente oggi ci appare spoglia e severa e forse per questo più affascinante. La gente si ferma, ammmira e commenta e forse ricorda ai più piccoli le storie e le leggende che circondano l'aura sognante dei personaggi raffigurati. Bambini che sgranano gli occhi davanti agli esseri mostruosi o bellissimi, come noi quando le nonne ci raccontavano i prodigi di orchi, fate e principesse. Alla fine del giro, compiuta la richiesta rotazione e fermatici ad ogni stazione prevista, usciamo senza danni, mentre all'ingresso la fiumana continua ad accedere. Per tornare in albergo non si trova neppure un tuktuk e siamo costrtti a ricorrere a due trasportatori muniti di risciò a pedali. Fa un po' impressione vedere lo sforzo dei due ciclotassisti, assai minuti per la verità, che nei tratti in leggera salita devono scendere e spingere il mezzo, carico dei nostri grassi e pesanti corpacci, con la forza delle braccia. Non è una bella sensazione, ma d'altra parte bisogna considerare che se non li utilizzassimo e rimanessero senza clienti, non guadagnerebbero nulla e anche questo non sarebbe una cosa bella. Alla fine raggiungiamo l'hotel per avvicinarci alla nostra parca cena, anche perché quello solo c'è da mangiare. 

L'aggiustiamo col solito dahl e una sorta di pasta in salsa bianca, fusilli e penne, che qui in terra vegetariana sembra andare molto di moda, visto che tutti la propongono e che per lo meno, ha la virtù di essere libera da spezie di ogni tipo. Va bene che non si spende mai più di tre o quattro euro, ma il risultato in termini di calorie ingerite è piuttosto deficitario. Colpa mia che non sono più adattabile come un tempo, altro difetto della vecchiaia incipiente, l'intolleranza. Anche questa è stata una giornata impegnativa direi e ci vuole ancora un po' di tempo prima di andare a letto, visto che dobbiamo liberarci definitivamente degli abiti da battaglia, direttamente nella doccia, perché perdono polveri e colori da ogni parte e non vogliamo insozzare anche tutta la camera, viste le penalità minacciate.  Alla fine riusciamo a raccoglierle in un piccolo pacco per abbandonarle definitivamente nel cestino dei rifiuti. Poi bisogna ancora tentare di ripulire, almeno sommariamente le epidermidi e l'apparato tricologico, dove comunque la ferocia dei coloranti è arrivata a lordare, forse irrimediabilmente, ogni cosa. Forse resteremo per sempre marchiati da questi tatuaggi multicolori, frutto di un lavoro di action painting di tanti artisti diversi, che però, in questo caso si potrebbe definire decisamente come un valido esempio di body painting. 

Vedremo nei prossimi giorni, se qualcosa andrà via, dato che specialmente il rosso e l'arancio sembrano duri a morire. E in un attimo è mattina e il nuovo giorno ripropone la stessa colazione, dove ritroviamo il gruppetto di italiani che ieri, come noi si era smarrito tra la folla e riporta chiaramente visibili su epidermidi e capigliature i segni della battaglia, d'altra parte non credo che sia possibile arrivare fin qui e restarne fuori.  Il problema è che non è ancora finita e l'holi oggi si sposta qui in città e la massa dei giovani festanti è sparsa per tutto il centro per fare festa e continuare ballare fino a sera, anche se mi sembra che il parossismo sia decisamente inferiore ai giorni scorsi, quando la parte teligiosa e quindi come sempre più partecipata, aveva decisamente il sopravvento, specialmente all'interno dei templi. Qui intanto parliamo solo di polvere colorata e non più di meno simpatici gavettoni idrici e anche la folla, essendo la città molto più grande mi pare decisamente più diluita. Comunque sia vista la mala parata, andiamo a ripescare i vestiti già dati per morti e ribardati alla meglio ci gettiamo in strada, camminando per il centro per gustarci l'ultima giornata di festa. Ci sono ancora molti gruppi specialmente di ragazzi giovani che ballano in strada, in sostanza però mi sembra si tratti di una riedizione di quanto abbiamo già visto nei giorni scorsi. 

Banchetti

C'è tutto il tempo di fermarsi ai tanti banchetti colorati di venditori, dai tessili, sempre piacevoli da vedere che espongono bei sari, camicie e kurta, punjabi interi e salwar kamiz, dai colori bellissimi e dalle infinite fantasie con le relative dupatte, le lunghe sciarpe vaporose che cadono poi sui fianchi con effetto elegante, abbinate. Ce ne sono a migliaia e non ne trovi mai uno uguale. Certo sui banchetti i materiali sono di bassa qualità, ma i prezzi sono davvero molto popolari e la gente si affolla intorno a comprare; l'holi è anche occcasione per avere qualche capo nuovo e ogni famiglia cerca secondo le possibilità, di rispettare la tradizione. Poi c'è tutta la parte dei cibi di strada, che in questa occsione è ricca soprattutto di dolciumi e vedi dispiegarsi la fila di banchi dei friggitori, davanti a grandi pentoloni neri pieni di olio che ribolle, che buttano a cascata frammenti di pastelle varie; le piramidi di laddù di pasta dolce e farine di arachidi amatissimi dai bambini, padellate di gulab jamun, le frittelle todeggianti immerse in uno sciroppo dolcissimo e i barfi bianchi al cocco ricoperti di granella di pistacchi. Insomma il tipico armamentario delle fiere di paese di tutto il mondo. Ci sono anche i venditori di colori, ma questo aspetto oggi è un po' meno calcato e nei ragazzi che si aggirano in strada, sento meno aggressissività, che forse si è già quasi completamente sfogata nei giorni precedenti. Comunque oggi mi sembra che non si corrano rischi particolari se non te li vai espressamente a cercare. 

Ci fermiamo ad un grande incrocio dove si vede un po' più di gente che va avanti ed indietro facendo la spola tra i tanti templi della città. Qui c'è un presidio di polizia piuttosto numeroso, che sembra si dia un gran da fare per fare passare alternativamente le due folle che a piedi si incrociano, come se si fosse davanti ad un effettivo crocicchio semaforico. E' tutto in trillare di fischietti e mulinare di bastoni, che uomini e anche donne con occhi severissimi, utilizzano a dismisura, imponendosi alla gente, anche con metodi decisamente bruschi, strattonamenti vari e toni da polizia adusa ad un potere piuttosto determinato. Questo deve anche essere il punto dove convergono quelli che si cercano, deve essere infatti facilissimo perdersi tra la folla. Ecco infatti seduta su una panchetta, una bimba bellissima, che piange disperatamente guardandosi intorto evidentemente in cerca della mamma. Cerca di dare qualche indicazione alla poliziotta che tenta di consolarla, ma evidentemente è troppo piccola per fornire informazioni utili. Così dopo poco, riprende il fiume disperato di lacrime e la donna non sa più cosa fare per tranquillizzarla. Dopo un po' che la bimba continua a guardarsi attorno disperata sperando di vedere un volto noto, la portano via, al posto di polizia dove sta evidentemente il luogo più naturale per ritrovarla. Mi vengono subito in mente storie indiane di bambini perduti tra la folla e di conseguenza delle peripezie che hanno dovuto subire e mi intristisco subito, ma di certo non sarà questo il caso. Alla fine stiamo in giro quasi tutto il giorno senza una meta precisa, solo perdendoci tra i rumori ed i colori di questa festa che sembra non finire mai.    

Sui ciclorisciò


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venerdì 19 aprile 2024

India 11 - Nandgaon e la festa di Khrishna

Holi a Nandgaon - India - marzo 2024
 

Facciamo con calma la quarantina di chilometri che ci separano dal villaggio dove la leggenda vuole si sia svolta la storia del Dio Khrishna, Nandgaon, dove sorge il più famoso dei templi a lui dedicato, il Dio birichino dal volto blu, sempre raffigurato mentre suona il flauto nell'intento di ammaliare le pastorelle Gopi sulla riva del fiume. E' un piccolo villaggio, poco meno di 10.000 abitanti, un grumo di case abbarbicate attorno al tempio che sorge proprio al centro su una altura appena accennata, nel quale in questo secondo giorno di holi, arriva un paio di milioni di persone, queste sono le proporzioni, i numeri che aiutano a capire. Ci mettiamo quasi due ore quindi a percorrere la strada, in una lunga fila di mezzi di ogni tipo che tentano di arrivare in paese. Poi parcheggiamo in mezzo ai campi e proseguiamo a piedi fino alle prime case. Da qui le strette stradine tortuose, penetrano l'abitato e salgono verso il tempio. La folla è strabocchevole e spinge per salire da ogni parte. Da un certo punto in poi, tutto viene considerata area propria del tempio e bisogna togliersi le scarpe, che lasciamo in custodia nell'ingresso di una casa privata dove una gentile famigliola sta riparata dalla furia che una volta all'anno si abbatte sul posto. Così procediamo a piedi nudi, in una sorta di fanghiglia colorata, lungo i gradini della leggera salita, mescolandoci alle grida della folla turbinosa, che da vicino appare come in preda ad una follia collettiva di festa, di eccessi, di gioia. 

Bimbi in agguato

Il terreno è abbastanza scivoloso e unito ai gradini irregolari, impone una certa circospezione nell'avanzare, ma la spinta della gente che arriva da dietro, determina una pressione che a poco a poco ti porta verso la meta. Il fatto è che da tradizione, in questo  paese, il lancio delle polveri è parimenti mescolato all'uso dell'acqua, nella quale i colori stessi vengono sciolti, per massimizzare il risultato. Ecco dunque che, nei vicoli stretti, ogni casa, ogni terrazzo diventa una postazione di bombardieri assatanati, attrezzati di tutto punto di apposite siringhe, di spruzzatori casalinghi, addirittura di pompe per irrorare i campi e in mancanza di altro di capaci secchielli, continuamente riempiti per essere scuotati sui malcapitati che passano sotto e allegramente si prendono queste docce improvvise con filosofia e canti di gioia, lanciandosi a loro volta polveri a gogo, per completare l'operazione di impanatura totale. Cerchiamo di procedere guardandoci le spalle e sopra, tentando di percorrere velocemente i tratti dove appaiono seminascosti, i gruppetti di frombolieri in attesa delle loro vittime, ma è fatica improba, alla fine la doccia arriva, si tratta solo di capire se questa volta sarà magenta o arancio. I ragazzini sono i più mefitici perché agiscono in piccole bande, rincorrono soprattutto i gruppi di ragazze spruzzandole di sorpresa a più non posso, fino a che le armi in dotazione si sono scaricate, quindi si ritirano per rimetterle in condizioni di riempimento, preparandosi all'attacco successivo. 

Nel cortile

Comunque bene o male, anche se completamente innaffiati, riusciamo a raggiungere il piccolo tempio sulla sommità del colle al centro del paese e penetriamo nel cortile, già strapieno, dove al suono di tamburi e cembali, tutti i presenti ballano in tondo come tarantolati dalla furia della divinità che li avrà di certo penetrati in qualche modo, un po' come se tutte queste nuvole di colore che rendono l'aria quasi irrespirabile, contenessero sostanze psicotrope o comunque allucinogene. Intorno ci sono anche moltissime hijra, i transessuali che in India costituiscono una specifica casta, in cui convergono quando vengono rifiutati dalle famiglie e trascorrono la vita girando per feste e manifestazioni, accolti e temuti, come portatori di sfortuna se venissero respinti e lanciando maledizioni se non venisse loro dato il giusto rispetto e ovviamene l'adeguata mercede per gli spettacoli che forniscono, scatenandosi in balli vorticosi, agghindati dei loro ornatissimi abiti femminili. Qui ce ne sono un sacco e attorno a loro si scatena l'attenzione dei giovani, mentre la musica sale di tono e loro piroettano facendo tintinnare le cavigliere con gli occhi persi nel vuoto ed il sorriso sui visi pesantemente truccati. Sono i punti del cortile più affollati, dove si raggruppano i più scatenati tra i devoti, gridando, cantando, ballando e di nuovo qui si spinge molto e il pavimento è molto bagnato e coperto di fanghiglia.

Hijra che ballano

Avverto di nuovo sensazione di pericolo, la pressione e le spinte diventano sempre più forti e ci spostiamo verso i portici che circondano il cortile, anche per cercare riparo da quelli che sono appostati sulle passerelle in alto che contornano il cortile stesso, che invece hanno il solo mandato di bombardare i sottostanti, tra il giubilo della folla. Cerchiamo di andare anche noi sopra, posizione di certo migliore per osservare quanto accade, ma pare non sia possibile, la salita è riservata ai fedeli al dio e non non riusciamo ad essere scambiati per tali: Ci posizioniamo allora sotto i porticati, difesi almeno dalle colonne antiche e dagli archi di arenaria modellata, protetti quantomeno dai lanci dalle irrorazioni che provengono dall'alto e da qui lo spettacolo è davvero affascinante. Sei dentro ad una manifestazione reale di follia popolare, coinvolto appieno, circondato da un senso di gioia comune, di gente che ride, che balla, che canta, che si scambia saluti ed auguri. Tutti quelli che ci approcciano e vi assicuro, saranno centinaia in questi giorni, vogliono sapere da dove vieni, chi sei, se ti piace essere lì e cosa pensi di tutto quello che vedi e avanti coi selfie, le foto, le manifestazioni di simpatia, addirittura la carezze con le mani piene di colore, che fa tanto affetto e gioia condivisa. 

Hijra

Un hijra, che appare davvero come una bellissima ragazza, balla davanti a me, esibendosi con grazia e malizia, lanciando sguardi ammaliatori, il taglio degli occhi bistrati e socchiusi che brillano sul viso appena piegato di lato, mentre i grandi orecchini dorati tintinnano ed il pendaglio sul naso sfiora labbra carnose, le mani ricoperte di accurate decorazioni di henné volteggiano nell'aria in arabeschi eleganti. Il sari rosso fuoco vola leggero nell'aria mentre il tamburello agita i sonagli, poi se ne va tra la folla seguita da un gruppetto di giovani adoranti, cercando di destare interesse altrove. Nel cielo volteggiano una decina di droni che riprendono tutto, non è più l'holi di una volta, la tecnologia avanza anche qui ed i media vogliono la loro parte. Quando le spinte del mostro acefalo diventano davvero troppo pressanti, anche nelle parti marginali del tempio, scivoliamo via dal cortile e ci ributtiamo nei vicoli. Nella zona della casa dove abbiamo lasciato le scarpe, c'è un pianerottolo sopraelevato a cui si accede con una decina di gradini e ci appollaiamo lì. E' davvero un ottimo punto di osservazione, perché questa è una zona di passaggio frequentatissima. Così ne vedi di ogni colore, in tutti i sensi. I combattenti appostati nelle case e sulle terrazze circostanti, dopo un po' ci adottano e a turno vengono a farsi fotografare ed a scambiarci i saluti, anzi deviano anche quelli che vogliono bersagliarci in quanto stranieri e vittime designate. Siamo raccomandati insomma.

Passa un gruppetto di bambini armati di fucili ad acqua che insegue delle ragazze che squittiscono disperatamente cercando di sottrarsi al loro destino, mentre i furfantelli le bersagliano senza pietà di spruzzi rossi e blu, mirando sempre intenzionalmente alle chiappe, licenziosità ovviamente ammesse in questo caso. Passano anziani con turbanti enormi, bardati con le lunghe vesti bianche, orami completamente marezzate di colore; avanzano seri per arrivare al tempio senza indulgere alle esagerazioni giovanili, al massimo salutano degnosamente con la mano. C'è anche un poliziotto che vigila da una porta di fronte, anche lui con la divisa cosparsa di schizzi, visto che evidentemente non è riuscito ad evitare i lanci, per lo meno quelli non intenzionali, diciamo vittima di danni collaterali. Insomma la festa è per tutti e di tutti ed è inutile cercare di rimanerne fuori, se sei lì, ti ci tirano dentro per forza. Facciamo comunella con la famigliola a cui abbiamo affidato le scarpe, due ragazze, che cercano di risparmiarsi dal lanci, poi alla fine non resistono e si gettano nella fiume che scorre davanti a loro. Un paio di ragazzini vanno e vengono, correndo fuori e tornando solo per fare rifornimento delle loro pompette. 

La madre sta riparata dietro l'uscio, il padre con una barba imponente, dopo un po' esce anche lui e viene immediatamente colpito da un getto vermiglio che gli si spande sul petto come una ferita sanguinosa che segna la sua lunga kurta immacolata. Insomma vi assicuro un vero divertimento e quando ebbri di rumori, canti e danze, coi piedi pieni di fango (speriamo in bene, comunque l'antitetanica ce l'abbiamo) decidiamo di lasciare il campo di battaglia scendendo il vicolo, salutiamo i nuovi amici e cerchiamo soprattutto di non scivolare. Mentre ci muoviamo con circospezione, salta fuori da una porta un ragazzino dall'aria gentile e impunita e ci scaglia contro una secchiellata di liquido che, avendo evidentemente finito le polvero colorate, sembra costituito solamente da acqua di scolo. Un ultimo saluto per coronare la giornata col migliore degli auguri. Marci come oche e anche un po' maleolenti scendiamo verso il basso. Un gruppetto di quattro amiche, non più giovanissime, bardate di tutto punto con bei sari e punjabi colorati e cosparsi di paillettes luccicanti, le lunghe dupatte abandonate sulle spalle, come faranno a non cadere mai giù, munite di nodosi bastoni, ci fermano per manifestare la loro soddisfazione verso gli stranieri che sono interessati alla loro festa. Così mi graziano anche delle bastonate, visto che non possiedo neppure lo scudo protettivo di ordinanza. Poi vanno a compiere il loro dovere verso la piazza, domani tutto rientrerà nei ranghi. Le ombre della sera scendono veloci e dalla cima della collina i suoni arrivano ormai affievoliti per la distanza. E' ora di tornare. 

Le bastonatrici

SURVIVAL KIT

Orme

Nandgaon - Villaggio a 44 km dalla città, che ospita il più famoso e sacro tempio di Khrisna e dove si svolgono i festeggiamenti più imponenti nel secondo giorno di holi di Vrindavan. Qui oltre ai colori si usano grandi quantità di soluzioni di acqua colorata, soprattutto gettata dai tetti delle case sui passanti. Dopo le 17, si svolge la cerimonia delle donne coi bastoni. Anche qui bisogna stare attenti perché la folla puè diventare molto pericolosa, dato che si è a piedi nudi e si può scivolare facilmente sulla fanghiglia ed essere calpestati. 




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giovedì 18 aprile 2024

India 10 - Al tempio

Fiorai nel tempio - Vrindavan - India - marzo 2024



Pronte una tantum a bastonare gli uomini
Sono le sei, tra poco scenderà il sole. Seduti sui gradini, respiriamo a fatica, esausti, provati da una esperienza decisamente forte. Ho male alle gambe, le ginocchia che scricchiolano, le bolle nei piedi, sono anziano, non posso èpiù permettermi queste corvé, questi fachinagi, direbbe la mia povera mamma se mi vedesse. Siamo imbrattati di ogni tipo di colore dalla testa ai piedi, però la testa è leggera, ancora inebriata dalla situazione appena vissuta, la situazione di pericolo già dimenticata, mentre il sottofondo di grida e la nebbia delle polveri colorate sfumano in lontananza e a poco a poco andrà scemando nella notte. Tutto, attorno a noi, porta le tracce della giornata di follia, di spruzzi colorati, di scie di rosso, giallo, blu. Un segno che durerà per giorni a ricordo di un momento di pazzia collettiva, che ti ricordi per un anno che la vita è anche fatta di allegria e gioia. Chi passa ci rivolge sguardi di simpatia e ci saluta con gli ultimi radhé radhé, non più gridati, ma quasi pronunciati a mezza voce, come un saluto tra reduci e senza più mani nascoste e pronte a lanciarti il loro messaggio colorato. Ragazze felici, strette alle amiche o quelli che forse sono i loro fidanzati, mi sembra che le maglie della pruderie indiana si siano un poco allentati negli anni, gruppi di ragazzi ancora esagitati che si liberano dei sacchetti di polvere oormai vuoti, per terra intorno è un cimitero di residui di ogni tipo, plastica a mucchi che andrà ad arricchire la polluzione che ha ormai avvolto il mondo ed i depositi di microplastiche provocati non certo dalla materia, ma dal suo uso maleducato.

Sfiniti

E' ora di tornare in città. Il tuktuk percorre lo sterrato tra i campi, costeggiando canali di acqua ferma, tra buche e sobbalzi. La macchina poi ripercorre adagio la via del ritorno, sfiorando un'ala di folla stanca che ha ancora voglia però di gridare e festeggiare. La voglia di divertimento non è ancora svanita. Per fortuna non circola alcool, nè altro, bastano le endorfine naturali, mi sembra, a tenere alta l'asticella. In albergo si tenta di ripulire il corpo dagli strati di colore che si sono depositati sulla pelle e che hanno superato senza difficoltà le vesti predisposte a protezione, colorando definitivamente e senza possibilità di essere un giorno mondate, mutande, canottiere e dando ai capelli tutta una serie di sfumature punk, che sembrano fatte apposta e studiate con cura dal nostro personal hair stylist. Un ricordo materialmente indelebile, almeno per le prossime settmane si direbbe. Una testimonianza partecipativa inoppugnabile. Una parca cena ci conduce a stramazzare nel letto cercando di fare attenzione. Appositi cartelli nella hall avvisano i gentili ospiti a non lordare con i colori dell'holi, la camera e soprattutto asciugamani e lenzuola, salvo rimborsare, al momento del checkout, i costi della lavanderia. Minaccia che poi si rivelerà solo preventiva e senza effetti pratici. Morfeo arriva misericordioso ad attutire l'azione dell'acido lattico, considerando il fatto che domani si ricomincia. 

Il tempio ISKCON di Vrindavan

Ci svegliamo infatti un po' intorpiditi e le nostre facce viste nello specchio, non rispondono molto alle immagini a cui siamo abituati. Diciamo avatar iconici di un momento di partecipazione attiva. La sala colazione è già piena di gente che si affolla attorno alle decine di vassoi fumanti del buffet, mentre l'aria è già pregna del sentore di spezia, di curry masala, di coriandolo che su tutto sembra prevalere. Basterebbe mettere in bocca qualche pezzo di papad o una paratha, quei piccoli pani indiani piatti e rotondi, secchi o morbidi e gonfi, che tutto sarebbe risolto; l'intero cavo orale mi rimarrebbe anestetizzato per tutto il resto della giornata, annullandomi ogni sensazione di fame, ma p un tragico destino che rifiuto e mi rifugio invece sulle solite banane ed un toast imburrato, offertomi complimentary dal cameriere che si prende pietà dopo aver notato gli sguardi sconsolati che aggiravo sulle brode ed i pastoni del buffet. Non c'è niente da fare. Amo l'India come nessun altro paese, tutto di questa terra mi affascina e ci ritornerei continuamente, ma non mi abituerò mai al suo cibo e soprattutto all'intensità delle spezie che ne fanno la sua caratteristica essenziale. Luisa dice che è una cosa genetica, non so, il fatto è che riesco a sentire il coriandolo anche se immesso in dosi omeopatiche ed il suo gusto malevolo mi rovina lo stomaco per tutta la giornata. 

Khrishna e Radha

Che ci vogliamo fare, ad ognuno la sua pena. Intanto il capogruppo di un drappello di turisti che schiamazzano vicino a noi, mi dice, con occhi sognanti, che, per tanto che cerchi, non riesce a scovare un piatto che non gli piaccia, uno più buono dell'altro, va matto per la cucina indiana, mi conferma tornando al tavolo per la terza volta col piatto pieno, beato lui e poi se ne ritorna al bancone col piatto nuovamente vuoto e gli occhi famelici in cerca di un dalh un po' più forte. Un'altra, grassoccia e con la chioma che ancora riporta orgogliosa gli spruzzi di verde del giorno prima, se lo è riempita di un pastone bianco di yogourt e verdure rosso fuoco ricoperte di chilly. Auguri, spero abbiano robuste scorte di fermenti lattici, che a lungo illuda la lor sete in via, il loro viaggio di sicuro è ancora lungo come il nostro del resto e le sorprese che riserba il perfido Monrezuma, sono sempre in agguato per il turista disattento. Intanto è ancora presto per andare a Nandgaon, il villaggio dove era nato il dio Khrisna, in cui oggi si scateneranno i festeggiamenti specificamente dedicati. Usciamo per andare fino al vicino tempio del dio, qui vicino all'albergo dove già alla mattina una gran massa di fedeli passa per un preghiera e per prepararsi alla giornata. 

Pubblicità non chiara

Percorrendo la via principale si nota tutta una grande esibizione di cartellonistica pubblicitaria, ma invece di pubblicizzare, auto o altri beni di consumo, la maggior parte degli advertising riguardano l'opera di miracolosi santoni che invitano gli adepti a sessioni di preghiera per conquistare la pace e la serenità. Promettono futuri felici, purché ci si liberi dei pesi che ci legano alle quotidianità della terra, passioni, desideri, sirene di ricchezze e poteri, che ci allontanano irrimediabilmente dalla liberazione e dai quali bisogna sciogliere le catene che ci cingono, magari lasciandone a loro la fastidiosa incombenza, ma non statemi a sentire io sono un occidentale dalle idee maligne e perverse, che non raggiungerà mai in questo modo il nirvana, questo è certo. Oltretutto che reclame sono alternate ad altre che raffigurano apparati renali, non è chiarissimo a quali fini, ma ai quali non voglio pensare. Il tempio a cui arriviamo in pochi minuti, non molto grande e piuttosto recente, direi di fine '800, è già strapieno di fedeli, si fa fatica ad entrare. Lasciamo le scarpe all'esterno, come si deve, ma vedendoci un po' titubanti dul da farsi, visto che nove anni fa me le avevano rubate in Gujarat, Roshan si offre di rimanere a darci un'occhio. Entriamo seguendo la fiumana che si introduce nel tempio, circondati da gruppi vestiti di arancione che cantano le lodi al Dio. 

Il kirtam

Questa è la terra dove è nato il movimento visnuita degli Hare Khrishna, ben conosciuto anche in occidente e che probabilmente è quello che più ha contribuito all'immagine dell'India spiritualistica che ha condotto carovane di figli dei fiori da queste bande, alla ricerca vana di se stessi, facendoli perdere poi in mille rivoli di sostanze varie e vie traverse, nel tentativo di raggiungere quel miraggio imprescindibile che sta nel più profondo dell'anima. Questo, che è uno dei principali templi ISKCON ( il movimento internazionale per la coscienza di Khrishna), è tra i più frequentati dagli adepti di tutto il mondo ed è davvero splendido per il suo decoro architettonico. Completamente rivestito di marmo, tutta la parte esterna è arricchita da intarsi in pietre dure colorate che disegnano le storie della vita del dio. opere d'arte assolute di artisti sconosciuti, artigiani della pietra straordinari, come quelli che arricchivano le pareti delle nostre chiese medioevali.  All'interno invece, si svolgono di continuo le cerimonie richieste dai fedeli, dall'adorazione della divinità, alla partecipazione al Prasadam, pratica yoga in cui il cibo, ovviamente vegetariano, diventa Cibo e nutre anche l'anima. Una zona particolare viene dedicata alla cura del goshala, il luogo dove hanno riparo le vacche sacre, E' questo un aspetto dell'induismo ancora molto importante anche se nelle grandi megalopoli, la presenza di questo animale è diventato meno comune

Torte davanti alle case popolari "quasi" nuove

Qui nei piccoli paesi invece i gruppi di bovini stazionano, come sempre da millenni, per le strade, come sempre, sdraiate nei punti più impensate o alla ricerca di qualche rifiuto da ripulire, apparentemente ignorate dai passanti e dal traffico che scorre ai loro fianchi evitandole con cura e senza malanimo e devo dire, non ho notato quella magrezza scheletrica comune in altri tempi. Nei paesi di campagna poi, in ogni angolo si innalzano i cumuli ordinati, di "torte" che ogni mattina le ragazze vanno in giro a raccogliere con grandi gerle, per poi impastarle con le mani ancora fresche di giornata e metterle a seccare al sole, vero e proprio dono della vacca, anche per questo sacra, che costituirà il combustibile assolutamente gratuito per tutto l'anno, per riscaldare le freddi notti d'inverno e per cucinare davanti alla capanna. Intanto in un angolo appartato, vicino agli altari principali, gruppi di fedeli raccolti attorno a suonatori di armonium e tabla, partecipano al kirtam, il canto continuo di inni dedicati alla divinità. Il movimento frenetico delle dita sul tamburo teso accompagnano il ritmo dei mantra ripetuti per ore e probabilmente contribuiscono all'effetto ipnotico che la cerimonia ha su tutti gli astanti, L'atmosfera è in ogni caso coinvolgente, cosa che del resto abbastanza comune in tutti i luoghi di devozione, di qualunque religione si tratti. 

Intarsi nel marmo

Percorriamo a piedi nudi il lungo corridoio della sala degli altari, ricoperto di piastrelle bianche e nere che curiosamente mi ricordano la galleria di Diana della reggia di Venaria. Ma cosa vai a pensare, forse è frutto dello stordimento dei fumi di incensi e della massa di fiori delle collane che vengono messe attorno alle statue di marmo che occhieggiano da ogni nicchia, quasi a chiede fiducia e preghiera. Profumi dolci a pochi passi dal leggero sentore di marcescenza, che ricorda al fine la caducità della sostanza organica a fronte della fredda, eterna ed immobile, perfezione del marmo. La fede è tutto, crea questi luoghi come un costruttore infaticabile, li fa grandi e potenti, così che tu non distingua più se il dominio sulla mente delle folle, sia frutto del sentimento interno della necessità di trascendente o dalla capacità perversa di convinzione dei predicatori. Un bell'interrogativo. Fatto sta che la visita di questi luoghi nel pieno fulgore della loro attività, rappresenta sempre un momento  imprescindibile per capire un paese. Usciamo anche stavolta, ebbri di odori forti, con le orecchie ancora piene di suoni modulati per abituare lo spirito alle fasi meditative e percorrendo un altra folla già eccitata per la giornata appena cominciata, ritorniamo in albergo per prepararci alla nuova battaglia che ci aspetta nel villaggio del Dio Khrishna. Ci ribardiamo con le vesti di ieri che tuttavia non sono più l'immacolato camice che mi faceva apparire come una mosca bianca, anzi bianchissima in cerca di pazienti da curare, ma oramai come uno dei tanti matti sfuggiti dalle sbarre, colorato e sporco, in cerca di altre follie, di feste e di grida gioiose. Andiamo, radhé radhé!



Tanto per avere un'idea (da You tube)




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